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Progetto BIM ReCult

 

 

BIM ReCult: il metodo BIM per il recupero del patrimonio culturale

Il progetto BIM ReCulT è incentrato sullo sviluppo di applicativi di BIM authoriting per la creazione ed uso di modelli informativi digitali open BIM dedicati alla gestione degli edifici storici monumentali, integrando ad essi strumenti di fruizione aumentata: es. Augmented Reality (AR) e Virtual Reality (VR), con cui valorizzare gli stessi edifici e facilitarne la gestione, nell’era dell’industria 4.0, sfruttando tecnologie altamente innovative con lo scopo di immergere totalmente gli utenti all’interno dei contenuti del bene monumentale visitato ovvero adottare soluzioni smart con cui facilitare l’utilizzo, la manutenzione e la gestione del bene monumentale.
Il progetto BIM ReCulT si pone l’obiettivo di applicare la metodologia BIM agli edifici monumentali, metodologia definita HBIM, acronimo di Heritage Building Information Modeling , creando una piattaforma appositamente dedicata che supporti tutte le fasi decisionali comprese quelle connesse alla manutenzione, riqualificazione e gestione del bene.
Nel dettaglio, gli applicativi che si intendono sviluppare, abbracciano l’intero processo che porta alla costruzione di un modello HBIM. Partendo dalle fasi conoscitive del bene, ovvero da studi storici con cui risalire alle diverse fasi costruttive, stratigrafie, sovrapposizioni, etc. che caratterizzano la quasi totalità del costruito storico nazionale. Successivamente, campagne di indagini in situ, rilievi geometrici utilizzando strumenti manuali e digitali più o meno avanzati (laser scanner, stazione totale, etc.) unite a indagini localizzate, più o meno invasive, (saggi, ispezioni, termografie, geo-radar, etc.) portano alla costruzione geometrica del modello, che in tale fase contiene solamente dati geospaziali.
Il progetto prevede lo sviluppo di metodologie ad hoc per la gestione digitale e l'interoperabilità delle informazioni dei processi. Saranno sviluppati cioè gli "Information Delivery Manual" (IDM) e i "Model View Definition" (MVD), per la piattaforma, secondo la normativa internazionale ISO 29481.
Dal punto di vista informatico, per la piattaforma digitale dovrà essere studiata una infrastruttura server in grado di gestire i Big Data provenienti da edifici storici monumentali complessi.
Si comporrà così un sistema interoperabile e olistico di raccolta, conservazione e analisi dei dati dell'edificio storico monumentale per la sua gestione nell'intero ciclo di vita.
Il progetto, contestualmente, mira a sviluppare applicativi mediante i quali visualizzare ed interrogare i modelli HBIM, opportunamente caricati su server, attraverso un comune browser (es. Chrome, Firefox, etc.). Tali applicativi consentiranno l’utilizzo da parte di qualsiasi utente, anche i meno esperti, ed inoltre permetteranno di interagire ed interrogare in tempo reale il modello anche con un semplice dispositivo smart (es. tablet). I modelli HBIM, mediante questi applicativi, potranno essere fruiti attraverso strumenti di realtà aumentata per offrire esperienze immersive, utili a sostenere politiche di incentivazione e valorizzazione del settore dei beni culturali.

 

Inizio: Novembre 2018

 

Partners
ACCA Software SpA, ETT SpA, STRESS Scarl

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Progetto Planner

 

 

PLANNER - Piattaforma per la gestione dei rischi naturali in ambienti urbanizzati

Planner - Piattaforma per la gestione dei rischi naturali in ambienti urbanizzati, prevede la prototipazione di una piattaforma SW (Spatial Decision Support System SDSS) basata su tecnologia WEB-GIS, che parte dalla popolazione di data base strutturati quali:

  • le caratteristiche ambientali dell’area studiata (morfologia, geologia,…)
  • le caratteristiche del patrimonio costruito (tipologie costruttive, epoche di costruzione, stato di manutenzione).
  • le caratteristiche del contesto socio economico.

L’idea progettuale consiste nel realizzare uno strumento di supporto alle decisioni che consenta di mappare il livello di vulnerabilità rispetto ai rischi di tipo ambientale ( hazard sismico, idrogeologico, cambiamenti climatici) è fornire un kit completo di strumenti interoperabili, tecnologie e metodologie di lavoro correlate, finalizzato a supportare i pianificatori urbani e le pubbliche amministrazioni nella valutazione, gestione e mitigazione tempestive, attraverso misure di miglioramento della resilienza.

L’obiettivo del progetto è quello di realizzare uno strumento informatico che consenta di far confluire tutti i livelli informativi in un sistema di supporto decisionale dinamico (SDSS), basato sulle caratteristiche geo-spaziali dell’ambiente urbano oggetto dell’analisi, funzionali all’implementazione dei seguenti moduli:

  • Azioni a lungo termine DSS" (livello di preparazione strategica) in grado di identificare, valutare e stabilire le priorità, per ogni specifico rischio e contesto .
  • Azioni a breve termine DSS, in grado di assistere nelle decisioni relative alle azioni da attuare in tempi brevi (livello di allerta precoce e gestione delle emergenze).

Il raggiungimento degli obiettivi del progetto fa leva su tecnologie e strumenti innovativi, quali l’utilizzo di dati telerilevati da satellite e la loro elaborazione. Le applicazioni dei dati satellitari sono svariate e tutte di grande importanza, come il monitoraggio e la gestione del territorio; la valutazione di impatto ambientale, la lotta all’abusivismo edilizio e al crimine ambientale; le previsioni e il controllo delle catastrofi grazie alla valutazione di rischi come incendi, alluvioni; il controllo di faglie e anomalie, dei movimenti tettonici, instabilità dei pendii; lo studio dell’idrologia e delle risorse idriche; l’aggiornamento della cartografia e della topografia; il monitoraggio di sostanze inquinanti; il monitoraggio dell'atmosfera, dei mari.

 

Inizio: Novembre 2018

 

Partners
ETT S.p.A., GeneGIS S.r.l., STRESS Scarl

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Progetto Cherie

 

 

Cherie - Ambiente interoperabile per il patrimonio culturale

 

Il progetto Cherie - Ambiente interoperabile per il patrimonio culturale, mira mira a concepire, impostare e costruire una “piattaforma abilitante” per la conoscenza, la gestione, il restauro, la riqualificazione la messa in sicurezza e la valorizzazione del Patrimonio culturale, che consenta un passaggio da un approccio segmentato, in cui gli attori coinvolti sono concentrati sui propri processi interni ed interagiscono faticosamente tra loro, ad un approccio orizzontale, un ecosistema digitale dei beni culturali che riconnetta tutti gli attori coinvolti nel processo, abilitando lo scambio di informazioni attraverso le tecnologie di modellazione elettronica.
La piattaforma abilitante fornirà un set di servizi innovativi di tipo:

  • trasversale, in cui verranno implementati i meccanismi di base per abilitare l’erogazione dei servizi di livello superiore garantendo la sicurezza e l’affidabilità dei dati, l’interoperabilità delle funzioni e l’accessibilità dei servizi;
  • verticale, in cui verranno implementate funzionalità a supporto di specifici ambiti.

Agendo come collettore di tutti gli attori che lavorano a vario titolo nel settore dei beni culturali, la piattaforma sarà in grado di garantire l’integrazione dei dati, l’allineamento in tempo reale e l’interoperabilità evoluta tra i diversi attori pubblici e privati nel rispetto degli standard di settore. In questo modo la piattaforma si pone anche l’obiettivo di salvaguardare gli spazi di azione critica, ai vari livelli, evitando automatismi deresponsabilizzanti e, infine, anche antieconomici.
La piattaforma sarà sperimentata su due monumenti dimostratori, Museo di Capodimonte a Napoli e Villa Reale di Monza.

 

Partners

Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Napoli Federico II, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Università degli Studi di Genova, Stress S.c.ar.l.

 

cherie.cloud

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Progetto Circe

 

 

CIRCE - seCondary raw materIals foR a cirCular Economy in buildings

Il progetto CIRCE - seCondary raw materIals foR a cirCular Economy in buildings, mira a sviluppare e utilizzare Materiali Avanzati (KET 5) per una industria sostenibile volta al riutilizzo di materie prime seconde. CIRCE è una iniziativa di eco-innovazione e di economia circolare con forte impatto sullo sviluppo di Città e Territori Sostenibili nel settore delle costruzioni e, specificamente, in quello dell’edilizia. In particolare il progetto vuole sviluppare in Puglia una nuova filiera industriale nel settore edile raggiungendo il duplice obiettivo di:

  • sostenibilità, in quanto verranno riutilizzati materiali di scarto che attualmente costituiscono un rilevante problema di impatto ambientale, valorizzandoli come materie prime per la realizzazione di prodotti per l’edilizia;
  • innovazione tecnologica, in quanto i prodotti sviluppati avranno prestazioni più elevate rispetto a prodotti analoghi attualmente in commercio ed ottenuti con materie prime e processi tradizionali.

I prodotti e componenti per l’edilizia sostenibile sviluppati nell’ambito del progetto CIRCE saranno privi di cemento (cement free) di origine inorganica ed idraulica. Stress si occuperà in particolare della valutazione della sostenibilità dei prodotti sviluppati.

 

Durata: 18 mesi  (Inizio: 1/1/2018)

 

Partners

Capofila: SIPRE,
Concrete, ITEMS, MULE, STRESS, Tecnoprove, CETMA, CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche, UNISALENTO-Università del Salento

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CrOSSBOW - Smart COmmunitieS and Social challenges – a Bridge Over the World

CrOSSBOW

  Smart COmmunitieS and Social challenges – a Bridge Over the World

 POR Campania FERS 2007-2013

 

 

               

progetto-crossbow.it

Per STRESS, proporsi quale elemento qualificante per una filiera complessa come quella delle costruzioni significa agire in sinergia con i principali stakeholders presenti sul territorio e proiettare le proprie iniziative, da una scala regionale ad una nazionale ed internazionale. Per questo la Società ha cercato sempre di porsi al centro di un network composto da Università, centri di ricerca, imprese e associazioni di categoria con l’obiettivo di mettere in campo attività operative atte a facilitare quei processi di diffusione delle tecnologie sviluppate nei progetti di ricerca e di creazione di nuove opportunità.

Attraverso il progetto “CrOSSBOW” il Distretto STRESS si è prefissato quindi l’obiettivo strategico di potenziare gli strumenti di dialogo permanente e di cooperazione con operatori scientifici e produttivi presenti sul territorio estero, soprattutto extra-europeo.

Con il progetto CrOSSBOW è stata infatti colta l'opportunità, supportata dalla Regione Campania, di delineare quelle traiettorie tecnologiche, “dei ponti”, necessari a guardare oltre confine e oltre la congiuntura nazionale per esportare l'innovazione tecnologica prodotta e, al contempo, individuare dei benchmark cui far riferimento per indirizzare le nuove linee di ricerca mutuando le esperienze che potranno provenire, favorendo azioni di incoming, da processi di cross-pollination.

Nella definizione della scientific research agenda, obiettivo di CrOSSBOW, STRESS è stata affiancata dalla STS e dalla Deloitte Consulting che hanno contribuito a delineare mappe strategiche e individuare i paesi target in cui poter esportare quell’innovazione che il mondo della ricerca ha prodotto in questi anni e che il mondo imprenditoriale ritiene pronta per una fase di “industrializzazione”.

 

Il foresight tecnologico è uno strumento a supporto della formulazione strategica di politiche di medio-lungo termine in campo scientifico, tecnologico e innovativo. In estrema sintesi, può essere definito come la scienza che aiuta a immaginare il futuro – evidenziando una rosa di futuri possibili - e a prepararsi ad affrontarlo. Si tratta dell’esercizio collettivo di una comunità nella costruzione di una visione del futuro al fine di orientare le scelte strategiche per il proprio riposizionamento come quello di nazioni, regioni o singole imprese nel panorama mondiale. In particolare, in campo tecnologico la possibilità di prevedere lo sviluppo, sia in termini di capacità evolutive della ricerca, sia in termini di aumento dei bisogni, ha notevoli risvolti economici e sociali.

Le finalità di uno studio di Foresight Tecnologico possono essere molteplici, tra le più rilevanti, che hanno caratterizzato lo studio qui presentato, elenchiamo:

- Definire le priorità di ricerca e sviluppo sulle quali incentrare le attività del Distretto e le nuove aree tecnologiche sulle quali applicarsi.

- Individuazione delle variabili e delle metriche per seguire l’evoluzione delle tecnologie e monitorare le alternative nel tempo e quindi identificare le direzioni di sviluppo più promettenti di alcune tecnologie specifiche.

- Definire il posizionamento competitivo del distretto in termini di produzione tecnologica.

Di seguito viene proposta una panoramica riassuntiva delle principali attività svolte nell’ambito del foresight tecnologico suddivise per i tre livelli di analisi che contraddistinguono il Report di internazionalizzazione.

 

Tramite l’analisi dei questionari e i dati ricavati dalle interviste dirette ai consorziati si sono definiti i quattro maggiori ambiti di attività del Distretto STRESS.

 

 All’interno di ogni campo di attività sono identificate le tecnologie maggiormente sviluppate dai consorziati di STRESS.

 

Attraverso l’incrocio dell’offerta tecnologica (technology push) del Distretto e della domanda tecnologica (demand pull) dei Paesi identificati come target si è ottenuto il posizionamento competitivo del Distretto per ognuno di campi di attività.

 

A partire dall’offerta tecnologica e dalla propensione dei consorziati risultante dall’analisi dei questionari e delle interviste dirette, si sono identificati gli ambiti di maggiore potenzialità innovativa per il Distretto.

 

Le strategie di entrata nei mercati esteri ruotano intorno ad una serie di elementi chiave che caratterizzano l’impresa. Innanzitutto, la scelta della strategia da adottare dipenderà in larga misura dalla specificità del business dell’impresa stessa, nonché dalle caratteristiche del segmento di mercato nel quale opera. Ciò, inoltre, sarà strettamente connesso anche con alcuni fattori contingenti l’impresa, quali il livello di tecnologie e know-how posseduto, i vantaggi dimensionali capaci di acquisire e la natura del suo processo produttivo. Nella definizione della strategia di internazionalizzazione, l’impresa dovrà poi, tener conto delle peculiarità dei suoi clienti attuali e di quelli potenziali, delle caratteristiche dei canali di distribuzione dei paesi nei quali intende internazionalizzarsi, nonché della sua capacità di coordinamento tra le varie attività produttive lungo l’area geografica oggetto della sua attività. Oltre agli elementi sopra descritti, possono essere oggetto dell’analisi di internazionalizzazione anche altri fattori, utili per tracciare le possibili strategie di entrata nei mercati esteri. Tra questi, quelli che l’impresa dovrà maggiormente considerare riguardano la scelta se implementare la strategia autonomamente o in collaborazione con terzi, il livello di coinvolgimento che vuole assumere e i costi che è in grado di sostenere. Ciò, a sua volta, sarà strettamente connesso con tutti quei fattori caratterizzanti l’azienda, quali la struttura economico-finanziaria, l’assetto organizzativo e tecnico, nonché quello dimensionale.

La prima strategia di internazionalizzazione che deve essere analizzata è l’esportazione, anche se non riflette una vera e propria internazionalizzazione dell’azienda. Con l’esportazione, infatti, l’impresa non ha alcuna unità produttiva nei mercati nei quali opera. L’impresa può esportare all’estero i suoi prodotti attraverso due distinte metodologie: indiretta o diretta.

Il licensing, ovvero il cedere ad un’altra impresa il diritto di produrre i prodotti/servizi conformi ai propri dietro il pagamento di un corrispettivo fisso o variabile rappresenta una strategia di internazionalizzazione indiretta in quanto non necessariamente, per implementarla, l’impresa deve entrare in contatto con il mercato. Nonostante ciò, il licensing può essere, comunque, considerato una strategia di internazionalizzazione, poiché permette all’impresa licenziante di incominciare ad acquisire alcune informazioni di base sui mercati nei quali in futuro potrebbe incominciare ad operare direttamente.

A tale categoria appartengono diverse forme di strategie, di cui i consorzi sono le forme più rappresentative, soprattutto nelle regioni settentrionali dell’Italia. la partecipazione ad un consorzio per l’esportazione si presenta particolarmente interessante per quelle imprese che si affacciano per la prima volta sui mercati esteri, o che, comunque, non intendono stabilirvisi per lunghi periodi.

Con questo tipo di accordo, l’impresa interessata ad affermarsi in un certo Paese estero (Franchisor) concede a uno o più franchisee locali (affiliati) l’utilizzazione della propria formula organizzativa e commerciale, compreso il diritto di avvalersi del suo know-how, del suo marchio e delle sue insegne, nonché la possibilità di essere beneficiario di altre prestazioni e forme di assistenza volte a consentire che la gestione dell’affiliato avvenga nel modo più coerente possibile con l’immagine e con gli obiettivi strategici dell’affiliante.

Tale modalità esprime l’accordo per effetto del quale il produttore o distributore locale offre a un produttore o distributore estero i servizi della propria organizzazione distributiva. Tale accordo prevede due controparti: cioè l’impresa industriale di maggiori dimensioni (il carrier), già presente nel mercato estero, che si incarica della distribuzione, e l’impresa che vuole entrare nel mercato estero. L’impresa che si incarica della distribuzione nel mercato estero può scegliere il prodotto in modo che esso svolga una funzione di integrazione della gamma da essa offerta evitando problemi di sovrapposizione da prodotto. Questo accordo può risultare vantaggioso Qualora il sistema distributivo del mercato in cui si vuole entrare sia difficilmente accessibile; tuttavia il contatto con il cliente estero è solo indiretto poiché mediato dal carrier sulle cui politiche commerciali spesso il rider non può esercitare alcuna influenza.

La costituzione di una joint-venture rappresenta la strategia di internazionalizzazione che maggiormente si avvicina alla forma più estrema degli investimenti diretti. È la tipica strategia che le imprese scelgono di implementare quando il loro obiettivo è avere una stabile presenza sui mercati esteri, oppure quando la costituzione di una joint-venture rappresenta l’unica via per superare le barriere di entrata in un dato mercato. Sebbene le tipologie di joint-venture variano a seconda delle normative dei singoli paesi, in linea generale, le principali forme possono essere considerate:

  • Le Equity joint-venture (Ejv),

  • Le Contractual joint-venture (Cjv),

  • Le Wholly Foreign-Owned Enterprise (Wfoe)

Tale è la strategia nella quale l’impresa che si internazionalizza costituisce una propria base produttiva/commerciale nei mercati nei quali intende espandersi. La costituzione di proprie filiali all’estero può essere condotta attraverso la costituzione ex novo di unità produttive, o mediante l’acquisizione di imprese già operanti sul mercato. Dal punto di vista degli obiettivi che tale strategia si prefigge di raggiungere, di norma la costituzione di filiali all’estero rappresenta la forma più stabile e coinvolgente dell’internazionalizzazione. Infatti, le imprese che decidono di presidiare direttamente i mercati esteri sono principalmente quelle imprese che si pongono obiettivi di medio-lungo termine. Inoltre, una tale strategia garantisce nel tempo il raggiungimento di una solida conoscenza dei mercati esteri, nonché lo sviluppo di un adeguato know-how che caratterizza l’intero processo di internazionalizzazione.

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